Ardengo Soffici

Rignano sull'Arno, 1879 - Forte dei Marmi, 1964

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Ardengo Soffici mostra fin da giovane particolare interesse verso l’arte e verso la scrittura. A seguito di problemi finanziari lavora in uno studio di avvocatura a Firenze, mantenendo relazioni con un ristretto gruppo di artisti i quali orbitano attorno all’Accademia. Nel 1900, dopo la morte del padre, si trasferisce a Parigi dove lavora come illustratore e scrittore per la rivista La plume. In quest’ambiente conosce artisti come Apollinaire, Picasso e altri.
Nel 1907 rientra in Italia e consolida l’amicizia con Papini e Giuseppe Prezzolini col quale fonda La voce (1908). Nel 1911 a Milano visita la mostra di opere futuriste che critica aspramente in un articolo pubblicato su La voce. Dopo la riconciliazione coi futuristi nel 1913 Ardengo Soffici insieme a Papini fonda la rivista Lacerba che diventa brevemente l’organo ufficiale del Futurismo. Nello stesso anno promuove la prima mostra futurista a Firenze. Ardengo Soffici si arruola in guerra come volontario, rimanendo fedele al fascismo fino alla sua caduta.
Nel 1920 si afferma a Firenze attraverso una personale con un gran numero di opere. Nel 1926 organizza una mostra personale presso l’Internazionale Veneziana, presentando venticinque opere come: "Donne toscane che conversano davanti l’uscio", "Ragazza recante una mezzina d’acqua", "I pini" e altre opere dal sapore cézanniano. Nel 1928 partecipa alla Biennale di Venezia con l’opera "Padrona e domestica addormentate". Nel 1925 firma il Manifesto degli Intellettuali fascisti e riceve il Premio Mussolini dell’Accademia d’Italia per la pittura nel 1932. Nel 1948 espone a Firenze e nel 1950 aderisce al progetto della Collezione Verzocchi con l’opera "La vangatura" assieme a un autoritratto.