Arte Povera: Artisti e Quotazioni
L’Arte Povera è una corrente artistica che nacque durante la seconda metà degli anni Sessanta in Italia, cui aderirono, in particolare, artisti che operavano nell’area di Torino. La definizione teorica dell’arte povera è da attribuire al critico d’arte genovese Germano Celant, che descrisse la fisionomia e teoria del movimento portando in giro diverse mostre e scrivendo diversi componimenti. Ad esempio, nel testo del 1970 "Conceptual Art, Arte Povera, Land Art" affermò che l'arte povera si manifestava essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi".
Le origini del movimento
L’Arte povera fu un movimento ispirato all’Arte Concettuale, una tendenza che prese piede in Europa nel 1960 circa, che aveva lo scopo di opporsi alle forme d’arte utilizzate fino a quel momento. Gli artisti concettuali, da cui gli artisti poveri si fecero ispirare, credevano fermamente nel fatto che la vera arte non si trovasse nell’aspetto esteriore delle opere, ma bensì nelle idee, nelle parole e nei percorsi che ogni persona seguiva nella strada che li avrebbe condotti verso l’opera finale.Le caratteristiche dell’arte povera italiana
Il movimento arte povera si sviluppò quindi in aperta polemica nei confronti dell'arte tradizionale, rifiutandone supporti e tecniche, come tele e pennelli, e spostando la propria attenzione sul ricorso a materiali cosiddetti “poveri” come: la terra, il legno, il ferro, gli stracci, la plastica o gli scarti industriali.Secondo il pensiero di Celant, gli artisti appartenenti a questo movimento portavano avanti gli stessi intenti del Teatro Povero, nato intorno all’inizio degli anni Sessanta dal pensiero del regista Jerzy Grotowski, ovvero di rinunciare a qualunque tipologia di finzione nelle proprie opere, con lo scopo di mettere in mostra il loro essere soggetti alle forze della natura ed allo scorrere del tempo. Per questi artisti la realtà era rappresentata esclusivamente dalla voglia di affrontare il “sistema” in modo estremamente critico.
Altra caratteristica fondamentale delle opere di arte povera è stata il fatto che vennero create ricorrendo alla tipologia dell’installazione e a quella dell'"azione" performativa. Molti di loro, inoltre, si concentrarono soprattutto sull’interesse per i materiali utilizzati, altri ebbero invece un approccio di tipo più concettuale.
Obiettivo principale fu quello di superare l’idea comune che vedeva le opere d’arte identificate come oggetti senza tempo, non soggetti a mutazione. Per questa ragione in molte installazioni vennero utilizzati vegetali o cibi la cui inevitabile sorte era l’andare a male. Frequente fu anche l’uso di oggetti viventi, ad esempio, in un’opera del greco Jannis Kounellis un pappagallo vero venne fissato ad una tela dipinta con lo scopo di dimostrare che la natura aveva a disposizione un maggior numero di colori rispetto a quelli rappresentabili in qualunque opera pittorica.
Un’ulteriore critica che questi artisti fecero alle concezioni passate riguardava l’idea che le opere d’arte fossero tutte pezzi unici e non replicabili e lo espressero nei modi più originali, come nel caso dell’installazione Mimesis di Giulio Paolini, che consisteva in due calchi di gesso identici, che rappresentavano una scultura di epoca classica, posizionati uno di fronte all’altro come se stessero avendo una conversazione tra loro.
I maggiori artisti dell’arte povera italiana
I principali esponenti del movimento furono gli artisti che parteciparono alla mostra “Arte Povera”, curata da Germano Celant, che si tenne a Genova nel 1967: Mario Merz, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Luciano Fabro e Michelangelo Pistoletto.Ai sopracitati si unirono negli anni anche: Giovanni Anselmo, Mario Ceroli, Brajo Fuso, Piero Gilardi, Luigi Mainolfi, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Ferruccio Bortoluzzi e Gilberto Zorio, che contribuirono ad ampliare le forme di espressione di questo movimento fino ad arrivare alla Junk Art.